giovedì 16 giugno 2016

Caso Orlandi: le notizie sconosciute ai più


  Il caso Orlandi


    E’ dal 2002 che ricevo informazioni confidenziali sulla sparizione di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi. Su quest’ultima le notizie sono più particolareggiate e potenzialmente utili ai fini della sua rintracciabilità.  Su Mirella le notizie in principio furono abbastanza circostanziate, ma poi si esaurirono, con la giustificazione che sul soggetto “non vi era più nulla da dire”.
Ho verificato le informazioni dapprima a Roma, poi in Turchia, quindi in Marocco dove ho effettuato dieci sopralluoghi.
Il mio informatore, un agente straniero, mi ha sempre parlato della pericolosità della ricerca delle ragazze, che affermava essere vive e, nei primi anni del sequestro, tenute all’interno di un gruppo di matrice politico-criminale. Io tuttavia non mi sono lasciata scoraggiare. La pericolosità fu ribadita allorché mi fu detto che, passando di mano in mano, erano state inglobate e integrate all’interno di una comunità avente soprattutto connotazione religiosa (islamica). Ho supposto allora che il pericolo consistesse nell’illegalità dell’occultamento da parte della confraternita. Solo negli ultimi tempi ho capito che consisteva e consiste tuttora nella Jihad, celata dietro l’attività di predicazione religiosa in varie moschee ( alcune delle quali indicatemi con precisione) e altre attività affini, come quelle caritatevoli, svolte in un peregrinare continuo in varie località del Marocco. Nella casa di Emanuela Orlandi, mi è stato detto, esistono solo “libri e politica” – parole testuali. In altri termini, adesione all’attività terroristica.
Con il mio libro “Emanuela nelle braccia dell’Islam?”, scritto in una decina di giorni e pubblicato nel 2011, ho voluto subito rendere noti alcuni risultati per non lasciarli invecchiare nel cassetto. I nomi di persone che vi compaiono, a volte indicati con abbreviazioni, in seguito sono stati esplicitati in una Memoria, consegnata ai magistrati romani incaricati dell’indagine sulla sparizione delle ragazze. Questo avveniva  qualche mese prima della chiusura della stessa. I nomi, appartenendo a persone della Chiesa, forse non sono stati utilizzati dai magistrati per gli impedimenti che si frappongono alla convocazione dei religiosi che siano cittadini vaticani. Ho anche indicato in forma generica, nel libro, i luoghi degli incontri clandestini, quindi meglio specificati nella Memoria.
Negli ultimi anni ho ricevuto altre informazioni sul caso, ma non le ho pubblicate né condivise con alcuno, sperando di poter giungere da sola alla meta. Le verifiche  cui adesso accennerò, anche se non consistono nella prova provata che tutti attendiamo, sono da me giudicate attendibili  sulla base del numero, della varietà e della loro coerenza.
Ed ecco le informazioni più interessanti.
In seguito alle manifestazioni organizzate da Pietro Orlandi, che hanno avuto grande risonanza grazie ai media, si sono mossi dal Vaticano in due riprese, nella primavera e nell’autunno del 2013, un paio di personaggi. Al termine delle visite, la Orlandi si è ammalata gravemente e ha protestato dicendo di essere stata avvelenata. Si è ripresa nel 2014, andando a curarsi in una località della quale ho il nome.
Attenzione: bisogna vedere cosa l’informatore e gli stessi membri del gruppo intendano per ‘Vaticano’. Tali emissari d’altronde hanno sempre effettuato visite periodiche presso il gruppo, anche per consegnare danaro come prezzo del mantenimento “coperto” della persona  in questione (la Orlandi), che tuttavia è, come ho detto, profondamente mutata nell’animo e nella mente, nell’abito e nel comportamento.
Ed ora ricapitoliamo, in estrema sintesi, i fatti precedenti.
Importanti personalità mi hanno dichiarato  che il “caso Orlandi” è nato nell’ambito del fenomeno criminale dell’abuso sessuale su minori. I fatti e le verifiche li ho raccontati, come ho detto, nel mio libro.  
Sulla sparizione attribuita al giro di incontri sessuali tra ecclesiastici e giovanissimi ho intervistato il Cardinale Silvio Oddi; Mons. Simeone Duca dell’ Archivio di Stato Vaticano; Mons. Giuseppe Azelio  Manzetti, Cappellano Capo del Gran Piorato di Roma SMOM (che ha parlato di un continuo e persistente ricatto a papa Wojtyla, sempre perciò preoccupato per un’eventuale rivelazione della scabrosa faccenda); Sua Eccellenza Giovanni D’Ercole (dichiarazione confidenziale non pubblicata per intero nel libro); Mons. Hilarion Capucci, già Arcivescovo di Gerusalemme; Ali Rashid, dei Servizi palestinesi.
Tra le figure poco conosciute coinvolte nel traffico, ho indicato due suore residenti nell’Istituto di via Nomentana che si trova di fronte a quella che fu la casa di Mirella Gregori e a pochi passi da quella del gendarme vaticano Raul Bonarelli, amico della Gregori e di una delle due suore. Ho inoltre verificato il ruolo del Reverendo Angelo Caravella, organizzatore storico dei fatti criminali, allontanato dalla Chiesa subito dopo la sparizione dell’Orlandi.
In Turchia ho trovato la piena collaborazione dei Padri Cappuccini ivi residenti. Le due ragazze, prigioniere delle bande politico-mafiose della famigerata città di Malatya, patria di Oral Celik e Ali Agca (vedi le sue dichiarazioni sull’esistenza in vita della Orlandi, secondo notizie portate in carcere probabilmente da suo fratello Adnan), divennero ostaggi per ricattare il Vaticano nelle trattative mediorientali. In quei lontani anni Ottanta la tensione era estrema per la questione palestinese e  la cittadina vaticana costituì un’arma di pressione sulla Santa Sede perché si schierasse a favore dei Palestinesi, cosa che di fatto avvenne. In  seguito le ragazze furono trasferite altrove.
Sulla presenza delle ragazze in Turchia hanno fatto dichiarazioni:  Monsignor Ruggero Franceschini, allora Presidente della Conferenza episcopale turca; Emilio Levante, che come Viceconsole onorario d’Italia fu testimone delle trattative per l’accordo tra Italia e intermediari locali per la liberazione delle due ragazze (in mio possesso il documento originale, già depositato presso il Viceconsolato d’Italia di Mersin, della dichiarazione giurata dell’intermediario, varie foto, registrazioni audio e video); Padre Adriano Franchini, Direttore della Caritas, chiamato a fare da intermediario a Malatya (é riuscito a salvarsi da un attentato mentre celebrava la Messa).
Una tappa delle ragazze, consegnate a un altro gruppo che le portò fuori dalla Turchia, fu l’Algeria, dove vi fu una lunga sosta.  Infine il passaggio nel vicino Marocco. La Orlandi ha cambiato molti nomi. Quello di Fatima è forse rimasto, mutando quelli del padre e quindi della genealogia. Ne possiedo uno per intero.
So quali moschee Emanuela ha frequentato o frequenta. So a quale confraternita appartiene. So a quali attività si dedica (in particolare quella caritatevole) e so che suona e insegna il flauto (ghaita). Conosco le aree territoriali e i luoghi specifici di permanenza prolungata. So in quali città e paesi trasmigra per incarichi o per spostamenti col suo gruppo. So qual è l’attuale autorità religiosa di protezione.
Conosco il tipo di lavoro di suo marito e il nome della Compagnia che lo ha impiegato.
In Marocco ho individuato la prima casa-rifugio delle ragazze e ho incontrato la donna che le custodì per due anni dando loro i nomi di due sue figlie, residenti altrove.
Sono tuttavia ormai consapevole di non poter più condurre una caccia che sia solitaria e che programmi soggiorni brevi sul territorio.

 

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